Sembra che, finalmente, la nostra Italia abbia ora l'occasione per avviarsi piano piano sulla strada per diventare quello che si può definire semplicemente un Paese normale, il che vale a dire nulla di speciale o di eccezionale, anzi, qualcosa di cui è piena l'Europa ed il resto del mondo civilizzato, ma anche qualcosa che, per noi, rappresenta già un enorme passo avanti rispetto a quello che siamo stati sino a pochissimo tempo fa. Dov'era, infatti, la normalità in un sistema nel quale, ad ogni cambio di colore politico della maggioranza, la prima preoccupazione dei nuovi padroni del vapore era quella di smantellare il più possibile del lavoro fatto dai predecessori? In una situazione che vedeva i governi paralizzati più dai capricci delle flange meno responsabili interne alle proprie eterogenee coalizioni di riferimento che non dall'opposizione vera e propria? In un'impotenza ad intervenire efficacemente su problemi quali i rifiuti della Campania o i pericoli e disagi connessi all'immigrazione incontrollata e clandestina, tanto da lasciarli scivolare fino a livelli di gravità inconcepibili in qualsiasi parte del mondo civile, e in tante, tante altre piacevolezze che ci hanno cullato in tutti questi anni che ci è piaciuto definire "di transizione", pur senza sapere bene di che transizione si trattasse e verso che cosa?
L'ovvia risposta è che, in tutto questo, non c'era proprio traccia di normalità.
Ora invece, scomparso finalmente il governo più pazzo del mondo, che non ha rinunciato ad elargirci le nefandezze più impensabili sino ache ha avuto un alito di vita (l'ultima quella dei redditi degli italiani sbattuti sul web, alla mercè di chiunque sul pianeta volese servirsene per fini leciti e non), e con l'avvento del nuovo esecutivo, sin dalle sedute parlamentari per la fiducia qualcosa sembra essere cambiato.
Favorito anche dalla mancata elezione in Parlamento di elementi radicali di entrambe le sponde, nelle aule dove si decideva la fiducia si è subito stabilito un inedito clima di serietà e serenità nei rapporti maggioranza-opposizione, di intenzione di entrambe a giocare i propri ruoli senza pregiudizi, e dialogando e venendosi anche incontro dove ciò è possibile ed auspicabile: Berlusconi ha lanciato lì, non senza bonaria presa in giro del motto sbandierato da Veltroni per tutta la campagna elettorale, la battuta in romanesco "Se po' fa'"; non sono mancati neppure degli applausi bipartisan, così come non è mancato qualche squallido rigurgito dei vecchi toni di contrapposizione violenta e pregiudiziale, già all'interno del Parlamento durante la seduta stessa (Di Pietro) e, successivamente, fuori dalle aule (Travaglio), ma, nel complesso, il nuovo stile instauratosi nei rapporti tra i due schieramenti pare evidentissimo, il rispetto reciproco è fuori discussione e l'opposizione ha creato un "governo ombra", com'è nella migliore tradizione anglosassone, che sembra avere iniziato a svolgere il suo compito seriamente.
Qualcuno dirà che, così, la politica è diventata piatta, che, essendo ormai rappresentati in Parlamento quasi soltanto i due maggiori partiti, già "accusati" in campagna elettorale di avere programmi molto simili tra loro, è praticamente venuta a mancare una vera opposizione. Invece, è questo il panorama politico di un Paese finalmente normale: quelle che oggi mancano, e delle quali non si ha alcuna nostalgia, sono in realtà soltanto le chiassate delle forze della contrapposizione a tutto e a tutti per partito preso, dell'odio fine a sè stesso verso l'avversario, dell'impedimento ad un'efficace opera di governo, ma l'opposizione, quella vera, c'è da giurare che, quando sarà il momento, si farà sentire eccome, ed il governo la starà ad ascoltare, com'è giusto che sia in ogni autentica democrazia che si rispetti.
A Napoli si sono già senz'altro viste importanti conseguenze della svolta avvenuta: "monnezza" campana e disastri dell'immigrazione selvaggia sembrano sul punto di venire affrontati con determinazione, mezzi ed energia prima impensabili.
Il governo appare efficiente, coeso al proprio interno e volitivo; l'opposizione si direbbe sufficientemente "collaborativa", composta ormai da persone responsabili, realisticamente coscienti che la risoluzione di problemi tanto macroscopici non può non anteporsi a qualsiasi logica di contrapposizione pregiudiziale o ideologica tra fazioni.
Vivere dunque in un Paese normale, potendo contare su una dirigenza rinnovata che consideri un punto di partenza, e non di arrivo, l'insediamento al governo dopo essere stata eletta dai cittadini, e che quindi si rimbocchi sul serio le maniche per ricercare immediatamente soluzioni che non possono più aspettare, una dirigenza controllata, ma non sabotata, da un'opposizione intelligente e costruttiva, forse, per gli italiani, oggi "se po' fa'".
Tommaso Pellegrino
sabato 24 maggio 2008
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